Nadia Urbinati, visiting professor presso il DiCAM, sbugiarda l’ideologia che nasconde le disuguaglianze. O, addirittura, le rende strutturali.
«Che cos’è una società democratica giusta? Propongo questa imperfetta definizione: “Una società giusta è quella che consente a tutti i suoi membri di avere l’accesso più ampio possibile ai beni di base: l’istruzione, la salute, il diritto di voto e, più in generale, la più completa partecipazione alle varie forme di vita sociale, culturale, economica, civile e politica” – questo è l’obiettivo dell’articolo 3 della nostra Costituzione». Nadia Urbinati, docente di teoria politica alla Columbia University e Visiting Professor presso il Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università degli Studi di Messina, ha aperto con l’“imperfetta definizione” di Thomas Piketty, la sua Lectio Magistralis, tenuta il 31 maggio 2022, presso l’Aula Magna del Rettorato.
Come ha ricordato il prorettore Giovanni Moschella, Nadia Urbinati ha trascorso il mese di maggio presso l’Ateneo peloritano, offrendo un ricchissimo ciclo di lezioni e seminari presso il DiCAM. Il prof. Giuseppe Giordano, Direttore del DiCAM, ringraziando le prof.sse Caterina Resta e Rita Fulco, responsabili dell’invito, ha voluto sottolineare l’encomiabile energia e la grande generosità di Nadia Urbinati, che ha dialogato con allieve e allievi del Corso di Studi magistrale in Filosofie del Novecento e del Dottorato di Ricerca in Scienze Umanistiche su decisive questioni inerenti alle teorie democratiche contemporanee.
La brillante lectio magistralis, che ha concluso il periodo di permanenza a Messina, ha suscitato un vivacissimo e costruttivo dibattito tra i presenti. “Il conflitto politico nel XXI secolo” era, infatti, il titolo della lectio, che ha affrontato non solo la differenza tra conflitto politico e rivolte, ma ha anche attraversato criticamente la storia concettuale del rapporto tra uguaglianza e disuguaglianza. Il nucleo scottante è stato, tuttavia, il tema del conflitto tra “i pochi” e “i molti” attraverso cui Nadia Urbinati ha fatto emergere come anche dietro obiettivi quasi universalmente accettati, come quello della “meritocrazia”, si nascondano e si radichino in modo profondo i germi della disuguaglianza: «“Meritocrazia” – ha affermato Urbinati – è diventata la parola magica brandita da molti (a sinistra perfino più spesso che a destra) perché sembra capace di liberare la società dalle sue croniche aberrazioni di corruzione e ingiustizia. Se il merito venisse davvero riconosciuto, si dice, la nostra società si emanciperebbe dai lacci del nepotismo e del clientelismo liberando risorse umane indispensabili per generare dinamismo e giustizia».
Ma in che modo la disuguaglianza è legata alla “meritocrazia”? Dove si trova il punto di contatto tra questi due termini che sembrano opposti? La disuguaglianza non è qualcosa che c’è sempre stata e che la meritocrazia si propone di scardinare? Urbinati spariglia le carte e prova a mostrare come la meritocrazia possa diventare un’ideologia che, addirittura, giustifica la disuguaglianza e la rende accettabile: «Oggi si parla di merito più che di superiorità – sottolinea Urbinati – e la ragione sta nel fatto che in una società come la nostra, che ha abbracciato l’uguaglianza politica, è più difficile attaccare l’uguaglianza. Quindi sceglie una strada più astuta: esalta la disuguaglianza in meglio (il merito) che deve essere meritata e che è riconosciuta da tutti. E che, infine, ribadisce un ordine di superiorità». Cosa c’è di sbagliato in questo? Guardiamo al nostro passato, ci dice Urbinati. Da dove veniamo? Cosa abbiamo dovuto affrontare per arrivare fin dove siamo (o, attenzione, non siamo, non siamo potuti…) arrivare, secondo il dogma individualistico del farcela con le proprie gambe, con le proprie forze? Ecco svelato il sortilegio che nasconde sotto il materasso del tempo le disuguaglianze: «La competizione come la conquista del West, la società come prateria: potenzialmente tutti possono partecipare alla corsa e farcela. Il fatto taciuto o non trattato con la stessa acribia da questi teorici della gara individualistica per il benessere – ribadisce con veemenza Urbinati – è che appena la corsa comincia alcuni sono già avvantaggiati, e il loro vantaggio non si annulla con la competizione, ma si accumula e rende quella che era all’origine una posizione di partenza eguale una condizione di privilegio e di monopolio». Che significa? Semplice: se si è nati in una famiglia non benestante, se non povera, se non di migranti, se non di persone diversamente abili, e così via; se si è nati in una città, o in un paese, o in una piccola frazione del Sud Italia, o del Sud del mondo, davvero si hanno le stesse possibilità di riuscire nella società rispetto a chi è nato in una famiglia benestante, o in un luogo facilmente raggiungibile dai mezzi di trasporto, nel Nord? Che la risposta sia “no”, qui al Sud lo sappiamo bene.
Urbinati ricorda che in A Theory of Justice (1971) Rawls ha provato a fissare i principi di giustizia distributiva, che dovevano servire a correggere l’«ineguale eredità della ricchezza» e a togliere potere «alle circostanze, alle istituzioni, e alle tradizioni storiche». Ecco la questione centrale, che ha toccato le corde di molti dei giovani presenti: «Quanti ragazzi non si chiedono ogni giorno perché l’essere nati in una classe sociale, in una regione del paese o in un anno piuttosto che un altro deve essere determinante nel decidere il loro posto nella società? Quanti non si sentono incatenati a una condizione di precarietà che niente potrà cambiare, certamente non il loro impegno? Quanti di loro non si chiedono perché l’essere nati in una parte dell’Italia invece di un’altra, benché abbiano frequentato lo stesso tipo di scuola e paghino le tasse allo stesso governo, si traduce in esiti di vita e di opportunità così diversi? E hanno certo ragione. Il discorso sul merito è un inganno se ignora queste domande».
In sostanza a molti accade di partecipare alla gara della vita avendo in partenza le gambe legate, mentre altri sono sciolti e balzano via rapidi. Certo, si può venir liberati a metà; molto spesso si giunge a liberarsi da soli, come tanti di noi hanno fatto, ma quanta fatica per raggiungere gli altri, se mai si riuscirà? E chi vincerà questa gara contro persone che hanno partecipato incatenate, sarà un vero vincitore? Lo sarà nei fatti, ma, non di diritto.
Come ribadisce Nadia Urbinati, «per non essere privilegio truffaldino, il merito deve sprigionare da una società nella quale a tutti dovrebbe essere concessa un’eguale opportunità di formare le proprie capacità e accedere ai beni primari (diritti civili e diritti sociali essenziali) per poter partecipare alla gara della vita».
È una questione facile da risolvere? Per nulla. Ma se non la si riconosce, e non la si studia e non la si denuncia, si rischia di rimanere ammaliati da una parola, come “meritocrazia”, divenuta un vero e proprio sortilegio che nasconde le disuguaglianze di partenza ed evita la fatica di lavorare alla loro abolizione, gettando tutta la responsabilità dei propri fallimenti sui pigri “malriusciti”. Ben vengano, allora, lezioni come quelle di Nadia Urbinati, che sollecitano la politica, i politici, ad essere sempre più attenti a riconoscere le disuguaglianze e a eliminarle alla radice, ma anche tutti noi a vigilare sugli incantesimi che i fattucchieri di turno provano a farci, assopendo la nostra capacità di pensare, criticare e giudicare. E, quindi, di decidere.
Studiosa di chiara fama nazionale e internazionale, oltre che attiva e influente opinionista nel dibattito politico contemporaneo, Nadia Urbinati ha approfondito in particolare il concetto di democrazia, connesso con i principi-cardine di libertà e uguaglianza, analizzandone le diverse trasformazioni, che investono nel mondo attuale lo statuto della rappresentanza e il ruolo dei partiti, il cui esito più preoccupante è il fenomeno del populismo. Tra le sue pubblicazioni più recenti in lingua italiana si segnalano: Pochi contro molti. Il conflitto politico nel XXI secolo (Laterza, 2020), Io il popolo. Come il populismo trasforma la democrazia (il Mulino, 2020), Democrazia sfigurata. Il popolo fra opinione e verità (Università Bocconi Ed., 20162), Democrazia in diretta. Le nuove sfide alla rappresentanza (Feltrinelli, 2013).
Il sortilegio della “meritocrazia”, Lectio magistralis di Nadia Urbinati