Si sono appena concluse le attività di censimento visivo di specie ittiche previste nell’ambito del progetto “BIOSEA - Tutela e salvaguardia della BIOdiversità e dei SErvizi ecosistemici degli Ambienti di transizione” in due aree siciliane appartenenti alla rete Natura 2000, sulla costa settentrionale dell’isola.
Le attività di censimento, che hanno visto impegnato il personale dell’OGS, in partenariato con l’Università degli Studi di Messina e la Cooperativa Pescatori Marina, “sono state effettuate in accordo con l’ente gestore delle due riserve e in collaborazione con la Pro Loco Capo Peloro impegnata nella rivalutazione del territorio e nella sensibilizzazione dei fruitori delle aree della riserva” precisa Paolo Alibrandi, referente Pro Loco per le attività del progetto.
“Gli ambienti di transizione sono habitat costieri di grande rilevanza per pesci, uccelli e altri organismi, oltre a essere aree a elevata diversità e produttività” spiega Valentina Esposito, ricercatrice dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - OGS e coordinatrice del progetto BIOSEA, sottolineando che “rappresentano, infatti, zone di stazionamento e nidificazione di avifauna, e zone di riproduzione e deposizione per numerose specie ittiche. Queste caratteristiche li rendono molto importanti da un punto di vista commerciale e, quindi, fortemente esposti agli impatti antropici, in particolare per quanto riguarda le attività di pesca e acquacoltura”.
Il progetto BIOSEA ha, proprio, l’obiettivo di valutare lo stato di salute e di conservazione di due ambienti di transizione della costa settentrionale della Sicilia: Capo Peloro - Laghi di Ganzirri e la Laguna di Oliveri - Tindari. In particolare, si propone di determinare la diversità di specie ittiche di importanza commerciale e la presenza e la diffusione di specie alloctone introdotte dalle attività umane, ponendo particolare attenzione alla conservazione dei servizi ecosistemici forniti da questi ambienti. Un ulteriore obiettivo è anche di valutare l’efficacia delle restrizioni imposte dai piani di gestione locale e della loro ricaduta a livello ecosistemico in termini di biodiversità.
Durante la fase ricognitiva del progetto, grazie alla collaborazione con pescatori e molluschicoltori delle zone, sono emerse le principali problematiche che affliggono le aree. Nella zona di Capo Peloro è stata evidenziata la presenza del ben noto granchio blu, Callinectes sapidus, specie invasiva alloctona che minaccia la biodiversità e le abbondanti fioriture della cosiddetta “erba” (alghe filamentose) che, soprattutto nel lago di Ganzirri, avvengono in maniera così massiccia da ostacolare il passaggio delle barche e che costringono i molluschicoltori ad effettuare raccolte manuali. Nella zona di Marinello i pescatori hanno unanimemente riscontato il problema dell’insabbiamento del Golfo di Patti e della diminuzione della quantità del pescato e di alcune specie di importanza commerciale come seppie, polpi e acciughe.
“I primi campionamenti hanno evidenziando l’eterogeneità e l’unicità di queste aree e ci hanno concesso incontri con specie inaspettate, come quello con la torpedine (Torpedo torpedo) avvenuto nel lago di Faro e quello con la cernia bruna (Epinephelus marginatus) nel lago Porto Vecchio” descrivono Michela D’Alessandro, assegnista dell’OGS e Ivan Gatì, tesista dell’Università degli Studi di Messina. “Stiamo inoltre mappando habitat che hanno un ruolo fondamentale per il mantenimento della biodiversità, che è importante preservare per la salvaguardia dello stato di salute di questi due importanti ecosistemi di transizione siciliani” ha affermato Salvatore Giacobbe, docente dell’Università degli Studi di Messina.