Il Centro per l’Apprendimento Permanente dell’Università degli Studi di Bari “esporta” buone pratiche all’Università di Messina e insieme al Centro per la Migrazione, l'Integrazione Sociale e la Comunicazione Interculturale dell’Ateneo siciliano lavora al riconoscimento delle competenze e all’integrazione accademica degli studenti rifugiati.
Nel mese scorso i ricercatori e il direttore tecnico del CAP di Uniba hanno svolto un’attività di consulenza sulla valorizzazione del capitale culturale straniero e sulla certificazione delle competenze formali e non formali rivolto al personale del CEMI di Messina, che ha come obiettivo lo sviluppo di attività finalizzate all’integrazione di soggetti titolari di asilo e protezione internazionale, sussidiaria ed umanitaria, e l’istituzionalizzazione di procedure per il riconoscimento dei loro titoli di studio.
Il coaching, nella prima giornata, ha previsto la presentazione delle attività del CAP e i servizi di riconoscimento del capitale culturale. A Messina Fausta Scardigno, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università di Bari e presidente del CAP ha evidenziato il valore del capitale culturale della risorsa migratoria. Serafina Pastore, docente di Didattica e responsabile del Formative Assessment del Cap, da Bari ha curato via Skype una relazione sui modelli teorici e gli ambiti di applicazione della certificazione delle competenze, e sul principio e le pratiche di validazione e certificazione.
La seconda giornata ha approfondito i modelli di certificazione delle competenze, dalle pratiche alle politiche. Fausta Scardigno ha relazionato sull’attivazione di protocolli d’intesa regionale per l’attivazione di servizi di certificazione in ambito universitario.
La terza ha consentito di illustrare gli strumenti di certificazione rivolti agli studenti rifugiati e sviluppati dall’Ateneo barese che hanno portato al riconoscimento professionale, nel catalogo della Regione Puglia, dei mediatori culturali. Amelia Manuti, docente di Psicologia del lavoro e responsabile delle attività di Career Management del CAP, in teleconferenza, ha parlato della messa in trasparenza delle soft skills citando l’esperienza dei progetti “Fondata sul lavoro”e “Work for you”, i primi casi di certificazione delle competenze e riconoscimento delle qualifiche professionali di rifugiati sviluppati dall’Università di Bari.
L’ultima giornata ha consentito di approfondire gli strumenti di integrazione accademica e le procedure amministrative relative a crediti e idoneità. In particolare, Giancarla Stama, direttore tecnico del CAP, ha relazionato sul ruolo degli stakeholder (CIMEA, MIUR, Ministero dell’Interno, CRUI, Regioni), per la messa a sistema delle azioni di integrazione accademica.
L’interscambio formativo ha poi preso in esame una serie di casi studio che il CEMI ha già preso in carico in virtù di una sempre crescente interlocuzione con il territorio da cui emerge forte il bisogno di lavorare sul riconoscimento culturale visto lo stretto rapporto tra istruzione e integrazione.
Le quattro giornate di formazione hanno incontrato il plauso dell’Università di Messina, così come sottolineato dal prorettore all'internazionalizzazione e presidente del CEMI Antonino Germanà. A nome dell'Università di Messina, inoltre, il prorettore vicario Giovanni Moschella ha manifestato la volontà di proseguire e rafforzare tra i due Atenei il partenariato già virtuoso.
“L’obiettivo – spiega la presidente del CAP Fausta Scardigno – è studiare insieme, CAP e CEMI, Università di Bari e Università di Messina, misure congiunte per avviare una sperimentazione sulla formazione integrativa necessaria all’iscrizione di un rifugiato o titolare di protezione ad una università italiana. Si tratta di pratiche diffuse nell’Europa del Nord ma non ancora nel nostro Paese e dunque di lavorare a modelli d’avanguardia per il nostro Paese”.